Non fui gentile fui Gentileschi. Debora Caprioglio chiude la VI° stagione quiNteatro

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E così spettacolo dopo spettacolo, con il palcoscenico ancora caldo  per i tanti successi, portati in scena dalla VI° Stagione quiNteatro diretta da Giuseppe Pollicina,  che si sono rincorsi sul palco del Teatro Trifiletti di Milazzo, venerdì, alle ore 21.00, sarà la volta dell’imperdibile pièce dal titolo “Non fui gentile fui Gentileschi”. Un meraviglioso e delicato monologo originale di R. D’Alessandro e F. Valdi.

Sul palco la vulcanica  Debora Caprioglio che vestirà i panni di Artemisia Gentileschi in un nuovo emozionante, intenso assolo.

Siamo nello studio di pittura di Artemisia, e lei è intenta a fare quello che di più ha amato fare nella vita, dipingere. Ci parla e ci racconta di sé, della sua vita a partire dall’infanzia. La perdita della madre, la vita di una bambina in una Roma del seicento.

Artemisia capisce da subito quanto è difficile vivere in un mondo di uomini. Eppure in un mondo di uomini il padre, Orazio Gentileschi, la avvia subito ad un mestiere in cui le donne non erano nemmeno contemplate, la pittura. Lei si distingue rispetto ai fratelli ed ha una passione che la tiene ore ed ore a disegnare un viso fino a quando non ne coglie la somiglianza.

Grazie al padre conosce i più grandi pittori, addirittura Caravaggio. Ed il padre la affida ad un suo amico perché impari e migliori nell’arte della pittura, Agostino Tassi. Ma il Tassi un giorno abusa di lei. Questo trauma e il processo che ne è derivato, voluto dal padre, segnano tanto profondamente la vita artistica di Artemisia. Tutto quello che ne consegue e tutto quello che lei ha compiuto per affrancarsi e affermarsi in un mondo dominato ferocemente da uomini, la rendono una figura di riferimento per la lotta dei diritti delle donne. La pittura di Artemisia è potentemente drammatica, lo stile è quello caravaggesco, con forti chiaroscuri, con il raggio di luce rivelatore, che nel caso della Gentileschi non rappresenta la grazia di Dio, ma la giustizia divina, che si abbatte su Oloferne per mano di Giuditta, o che condanna i vecchioni pronti ad importunare la povera Susanna.

Lei con passione ci racconta tutto, ci mostra le sue tele, ce ne spiega la ragione, le circostanze da cui sono nate. Ci racconta i suoi trionfi, le sue sconfitte e sempre e sempre la lotta contro un sistema che la vorrebbe a casa ai fornelli, ad accudire la figlia. Ma lei è la Pittura, come ci dice nell’allegoria che fa di un suo autoritratto, non può fare altro che dipingere. Ci racconterà tutto, scenderà nell’abisso della violenza subita, salirà nel paradiso dell’Arte. E noi assistiamo alla meraviglia di una grande pittrice che risplende della sua vittoria.

Queste le premesse di uno spettacolo che chiuderà un’intensa stagione ricca di emozioni,  che si sono rincorse in un continuo abbraccio dal palco al pubblico e viceversa  sublimando l’eterno legame che da sempre esiste tra attori e spettatori.

 

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