La collezione di Nino Pino Balotta arricchisce il Museo Epicentro

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La collezione del Museo Epicentro si arricchisce di nuovi contenuti. Si tratta di due testimonianze storiche scritte e indirizzate a Salvatore Quasimodo, provenienti dall’archivio Nino Pino Balotta di Barcellona Pozzo di Gotto.

Con la sua presenza arricchisce la storia artistica e culturale della collezione unica nel panorama internazionale dell’arte contemporanea, dove la mattonella in cotto  cambia il suo significato primario e da manufatto per l’edilizia diventa “Opera d’Arte”.

La mostra dedicata a Nino Pino Balotta  e i futuristi/, “Omaggio nel trentennale della morte”, al Villino Liberty, Barcellona P.G. torna oggi a essere culturalmente l’epicentro di una provincia che va in scena e che ha i suoi numeri per recitare parti importanti: Villino Liberty in attesa di diventare Museo della cultura, l’altrettanto finora privato Villino Jannelli a Castroreale reso illustre da Depero e Balla che collaboravano alla rivista La Balza dei futuristi messinesi.

E laddove quest’epicentro fosse ancora inghiottito nel vortice del futuro, a Gala,  appena fuori Barcellona Pozzo di Gotto, lo scultore Nino Abbate, si è inventato quel Museo della mattonella che nello spazio democratico di un 30×30 di terracotta propone un percorso attraverso l’arte italiana – in tutte le sue forme espressive e strumentali che non tralascia nessuna scuola dell’arte pittorica formale e  informale del paese.

Andare al Museo Epicentro, significa ritrovarsi nel vortice di una collezione coloratissima e illuminatissima, alla presenza, tra gli altri di Guido Strazza,  tra gli “Artisti per Epicentro”. Strazza, inizia la sua attività artistica nel “Futurismo” dopo un incontro con Filippo Tommaso Marinetti che vede i suoi lavori giovanili e lo invita alle mostre di Aeropittura che si tengono, nel 1942, a Roma, in Palazzo Braschi, e a Venezia nell’ambito del Biennale internazionale d’arte nella “Mostra del Futurismo Italiano”. Curiosamente, quando i futuristi riuscirono ad esporre per la prima volta alla Biennale di Venezia, lo fecero, nel 1926, ospiti del Padiglione dell’Urss. (I futuristi sovietici). Non fu il padiglione Italia a esporre le loro opere, solo nel 1942 la sede espositiva ebbe il nome di Padiglione del Futurismo italiano.

Ancora una volta il Museo Epicentro si conferma quale faro nel mondo dell’arte, alla continua scoperta di piccoli tesori da scoprire e riscoprire.

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