L’artista Luigi Cei entra a far parte della Patty’s art gallery

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Entrano a far parte della Patty’s Art Gallery le opere dell’artista Luigi Cei. Luigi Cei è  un’artista autodidatta con una storia piuttosto bizzarra alle spalle. Artista  autodidatta, da bambino non amava l’arte poiché nessuno lo aveva aiutato a capire ed apprezzare le varie forme artistiche. Le ha però scoperte da solo ritrovandosi, poco più che ragazzo e senza alcun motivo in particolare. Dipingeva ciò che vedeva fuori dalla finestra ed era per lui semplicemente riprodurre delle forme, che potevano pure assumere colori e connotazioni differenti dall’osservato.

Ecco quindi che inizialmente, nel suo percorso artistico, è prevalsa la parte figurativa.

Poi il pittore pavese è passato a rappresentare le città viste in orizzontale e verticale, scomposte e ricomposte, con porte d’ingresso aperte, finestre spalancate e chiuse, tetti a punta e l’uno sull’altro – tutto ciò, ha spiegato lo stesso Luigi Cei, come metafora dell’anima. Anima, ha continuato, quale “essenza” – l’essenza che, si, riconduce al quotidiano; essenza intesa come esperienza degli umani rapporti con gli altri attraverso l’immediatezza di accessi concessi, o sbarrati, a seconda della volontà di comunicare, e pur di fronte a tetti aguzzi che rappresentano l’esasperazione delle difficoltà ad introdursi nel mondo altrui.

In questo periodo comincia a usare ogni tipo di materiale. Carta, pelle, stoffa, lustrini, passamanerie, pailette che ha tagliato, cucito ed imbastito. Ed è ricercando un mezzo d’espressione più immediato, benché dettagliato, che Luigi Cei è approdato all’attuale ricerca nel campo dell’astrattismo materico. Un astratto, il suo, che lui spiega essere il riassunto delle case, delle strade, dei pensieri sintetizzati e a sfociare in monocromi con forme e colori che si fondono, e combaciano a vicenda. Un evidente invito alla semplificazione è pertanto questo di Luigi Cei, semplificazione che gli dà il piacere di togliere gli orpelli, le decorazioni e di andare dritto all’anima senza troppi fronzoli dacché ritiene che la comunicazione debba essere priva di barriere, immediata e sincera, per cui gli steccati devono appunto essere abbattuti a favore di una linearità diretta ed istantanea.

L’artista di Mede gioca con i gialli, con i verdi chiari e scuri, con gli sfumati e li mischia con sabbia, con terra e con qualsiasi altra cosa gli permetta di dare rilievo e consistenza. Colore che, per Luigi Cei, è vita. Le tonalità giallo-arancio, quelle che appartengono alla terra, agli alberi, alla natura le sue preferite. Le tinte calde le sue predilette benché a volte giochi perfino con i neri e i bianchi, quasi per una sfida con se stesso, per provare che alla fine la barriera dei colori non esiste.

Da ricordare come Luigi Cei abbia esposto in mostre Personali e Collettive, in Italia e all’estero. Solo per citarne alcune: l’esposizione nel 2003 a Vigevano e a Lignano Sabbiadoro ma anche, nello stesso anno e nel 2004, a Forte dei Marmi. Risale al 2005 la Collettiva presso la biblioteca comunale di Milano, al 2006 la Personale alla Camera di Commercio di Chieti e al 2007 quella nella sala consigliare del Comune di Cava Manara.

Tra le sue esposizioni più recenti vi è l’emblematica “Antiche Forme e Nuovi Segnali”, a Cremona nel novembre 2015, ovvero una serie di opere in cui è evidente l’attento equilibrio compositivo di ogni elemento del ciclo. La Critica è stata concorde nell’asserire che <<Le forme geometriche si dispongono con inesorabile esattezza ed armonia, dialogano e si rinforzano tra loro… Rettangoli, ellissi, triangoli, lùnule in una composta e ritmata coreografia di rette e curve simmetriche che, come in un caleidoscopio, trovano sempre nuovi movimenti e sospensioni>>. Ma nelle opere grafiche di Luigi Cei sono presenti, regolarmente, pur misteriosi simboli e frecce indicative di opposte verticalità – simili a grafemi, geroglifici, rappresentazione segnica che sembra rimandare agli albori della parola scritta e della società umana. Forme geometriche che sono un riassunto semplificato e diretto di un pensiero lungo e tortuoso che, per l’appunto grazie ad esse, può essere brevemente sintetizzato e condiviso.

Il nitore e il rigore esemplare di Luigi Cei è stato inoltre occasione per rievocare, da parte di alcuni critici e storici d’arte, il movimento artistico MADI con il quale il creativo lombardo condivide la riproposizione di immagini all’interno di una dinamica che si affida alla razionalità dell’impianto. Quelle di Cei, al pari di quelle degli appartenenti al MAterialismo DIalettico, sono superfici costituite da variazioni minime dove la forma viene ripetuta in modo da ribadire la propria presenza con differenze minimali di tono, di spessore, di densità rispetto alla base del quadro. Il rapporto ottico con le immagini è quindi un rapporto interrogante e non affermativo (rari sono i toni accesi!), quale è tipico dell’arte astratto-geometrica.

La Patty’s Art Gallery si avvale così di un’altra grande firma che saprà regalare infinite emozioni.

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