Cortile Teatro Festival: la pièce “Come va a pezzi il tempo” chiude l’XI edizione

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E anche quest’anno, spettacolo dopo spettacolo, il Cortile Teatro Festival,  diretto da Roberto Zorn Bonaventura, è arrivato alla fine. A chiudere l’undicesima edizione del Festival sarà lo spettacolo dal titolo “Come va a pezzi il tempo”, presentato dal gruppo Ultimi Fuochi Teatro di Spongano. La pièce è caratterizzata da una fine peculiarità: si tratta di uno spettacolo itinerante che si terrà nelle varie camere della villa della Tenuta Rasocolmo, riservato a soli sei spettatori alla volta, con tre repliche al giorno (ore 18, 19 e 20, con degustazione a seguire), da domani venerdì 30 settembre fino a domenica 2 ottobre.

In oltre due mesi il festival, ricco di prime assolute, ha ospitato oltre venti spettacoli (compresi quelli per bambini) in quattro location, da quella che dà il nome al Festival nel settecentesco Palazzo Calapaj-D’Alcontres all’Area Iris, dal lido Horcynus Orca alla Tenuta Rasocolmo, raggiungendo in questa maniera zone diverse dell’ampia struttura urbana della città. «Anche quest’anno – dice il direttore artistico Roberto Zorn Bonaventura – siamo molto contenti di come ci ha seguito il pubblico con gli spettacoli sempre affollati, e di come gli spettatori si sono appassionati alle nostre proposte, tutte diversificate (dal teatro vero e proprio alla danza, dalle installazioni alle performance), decretandone il successo, sempre con applausi molto sentiti. Un’accoglienza che ci spinge a continuare, nonostante la delusione del mancato contributo ministeriale, decisione che riteniamo profondamente ingiusta. Vorrà dire che continuerà il tempo dei sacrifici, ripagato comunque dall’affetto, mai da ritenere scontato, del pubblico».

“Come va a pezzi il tempo” è uno spettacolo diretto e interpretato da Alessandra Crocco e Alessandro Miele e prodotto da Ultimi Fuochi Teatro/Progetto Demoni, Capotrave/Kilowatt Festival e Infinito srl. È una storia che attraversa il tempo mentre attraversa i luoghi. Così la spiegano gli autori: «Lo spettatore entra in una casa disabitata da poco. Ogni cosa è ancora al suo posto e il tempo sembra essersi fermato. Il silenzio amplifica il distacco tra il visitatore e un luogo ancora muto. Ma quella casa è stata vissuta ed è carica di segni che a poco a poco iniziano a parlare. Dal silenzio riaffiorano ricordi, momenti differenti, legati eppure distanti. Le porte, le stanze, gli oggetti, gli odori raccontano una storia, evocano le persone che hanno abitato quel luogo, le chiamano a ripetere scene già vissute. È una storia ridotta in pezzi, come la memoria di una vita, come un sogno ripercorso con la mente al risveglio. È l’ultimo canto di un luogo prima che il tempo lo faccia lentamente decadere».

E aggiungono: «Lo spettatore viene condotto dentro la storia, attraversando le stanze e nello stesso tempo le vite di chi le ha abitate, testimone discreto dell’eco di un passato che risuona ancora una volta. Tenuto sul limite tra mondo reale e mondo immaginario, potrà quasi toccare i due personaggi ma non intervenire perché tutto è già accaduto. Vedrà i due rincorrersi, incontrarsi e separarsi nelle diverse stanze e infine lasciare l’appartamento per sempre. Il visitatore si ritroverà quindi di nuovo solo, nel silenzio irreale della casa inanimata, eppure ormai familiare. Il distacco provato all’ingresso cederà il passo alla sensazione che si prova quando si abbandona un luogo pieno di ricordi».

Queste le premesse di uno spettacolo che saprà catturare l’attenzione dello spettatore fin dalle primissime battute offrendogli un finale di stagione davvero unico e indimenticabile.

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